Il decreto Lavoro è stato approvato dal Consiglio dei ministri il primo maggio, durante una riunione del governo volta a dimostrare l’attenzione del governo sulla questione, come ha spiegato Giorgia Meloni, nonostante le accuse di propaganda provenienti dai sindacati. Tra le misure approvate vi sono l’ulteriore taglio del cuneo fiscale e l’addio definitivo al reddito di cittadinanza. Esaminiamo quindi le novità introdotte da questo decreto e le conseguenti modifiche.
Il governo aveva già agito attraverso la legge di Bilancio, finanziando ulteriormente il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Nel Documento di economia e finanza sono stati destinati altri 3,5 miliardi di euro per un ulteriore abbassamento delle tasse sul lavoro, con l’obiettivo di aumentare la quantità di denaro disponibile in busta paga. Il taglio fiscale del 3% per i redditi inferiori a 25.000 euro arriva così al 7%, mentre per quelli compresi tra 25.000 e 35.000 euro (in precedenza pari al 2%) arriva al 6%. Tale misura rimarrà in vigore per cinque mesi.
Il governo Meloni ha definitivamente eliminato il Reddito di cittadinanza, sostituendolo con due nuove misure distinte per distinguere tra i “occupabili” e coloro che non possono lavorare. Per quest’ultima categoria, ovvero i nuclei familiari con figli minori, anziani oltre i 60 anni o disabili a carico, è stata introdotta l’assegno di inclusione, con un massimo di 500 euro al mese, da moltiplicare in base alla scala di equivalenza per ogni componente del nucleo familiare. Per chi può lavorare, invece, è stata istituita l’attivazione strumentale, che prevede un sussidio di 350 euro al mese, ma a condizione che si partecipi a programmi formativi o progetti utili per la comunità, dopo essersi attivati presso i centri per l’impiego. In caso di offerta di lavoro a tempo indeterminato (o a tempo determinato superiore ai 12 mesi), è obbligatorio accettare l’offerta su tutto il territorio nazionale, pena la perdita del beneficio.