A cura di Angelita Ciccone
Il 23 novembre 1980, alle 19:34, un devastante terremoto colpì l’Irpinia e la Basilicata, lasciando un segno indelebile nella storia italiana. La scossa, di magnitudo 6.9, causò oltre 2.900 morti, circa 8.800 feriti e circa 280.000 sfollati. Interi paesi furono distrutti, in particolare nelle province di Avellino, Salerno e Potenza, dove numerosi comuni furono rasi al suolo o gravemente danneggiati.
I soccorsi furono lenti e disorganizzati, aggravati dall’interruzione delle comunicazioni e dalla mancanza di coordinamento tra le autorità. Il drammatico appello del quotidiano Il Mattino con il titolo “FATE PRESTO” divenne il simbolo dell’emergenza, evidenziando il bisogno disperato di aiuti e l’inefficienza delle prime risposte. Alcune aree rimasero isolate per giorni, con conseguenze tragiche per le vittime intrappolate sotto le macerie.
Negli anni successivi, la ricostruzione si trasformò in un caso emblematico di sprechi e mala gestione. Si calcola che furono spesi circa 60.000 miliardi di lire, ma gran parte dei fondi finirono in mani sbagliate, alimentando un sistema di corruzione e favoritismi. La ricostruzione lenta e il malgoverno delle risorse generarono scandali e inchieste, portando alla formazione di una commissione parlamentare nel 1988 per indagare sulle responsabilità.
In occasione del 44° anniversario del terremoto, il ricordo si concentra non solo sul lutto e la devastazione, ma anche sulla resilienza delle comunità colpite. Molti territori dell’Irpinia e della Basilicata continuano a lottare con le conseguenze economiche e sociali di quella notte. Le celebrazioni annuali sono un momento per riflettere sulle vittime, sul coraggio dei sopravvissuti e sulle lezioni non ancora pienamente apprese.