È polemica per un video circolato in questi giorni su TikTok, che mostra alcuni momenti della videochiamata tra il colpevole del decesso di Giovanbattista “Giogiò” Cutolo, il giovane musicista la cui vita è stata tolta in piazza Municipio a Napoli, e sua nonna. A suscitare indignazione è il fatto che sia stata proprio la donna a pubblicare il filmato, corredato dalla didascalia: “Un legame che durerà in eterno”.
Il giovane detenuto, attualmente recluso nel carcere di Catanzaro, può effettuare due videochiamate al mese con la famiglia. Uno di questi momenti privati è finito online, generando sconcerto e reazioni forti, soprattutto da parte della madre della vittima.
Daniela Di Maggio, madre di Giogiò, ha denunciato pubblicamente la vicenda, definendola “un gesto irriverente” nei confronti della memoria del figlio. La donna, da mesi impegnata nel mantenere viva l’attenzione sul caso, ha espresso dolore per quella che ritiene una mancanza di rispetto.
A replicare è stato l’avvocato del detenuto, che ha invitato a non dimenticare l’umanità di chi è in carcere, sottolineando che i contatti con i familiari non sono anomali e che il suo assistito non può essere ritenuto responsabile di ciò che altri decidono di condividere sui social.
Sulla vicenda è intervenuto anche il deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, che ha condannato con fermezza la diffusione del video: “Le videochiamate pubblicate dalla nonna del killer, con messaggi d’amore per chi ha tolto la vita a un giovane innocente, sono una vergogna che offende la memoria delle vittime e lo Stato stesso. Lo Stato non può permettere che i carnefici si trasformino in vittime. Chiedo che quel profilo venga oscurato e che si apra un’indagine su come questi contenuti escano dalle strutture detentive. Basta con la criminalità che si fa spettacolo”.
Il caso riaccende il dibattito sull’uso dei social da parte dei familiari dei detenuti e sulla possibilità che contenuti sensibili legati a casi di cronaca possano essere utilizzati per finalità che travalicano il diritto all’affetto e alla comunicazione, toccando corde delicate come la memoria delle vittime e il rispetto per il dolore delle famiglie.