Un’aggressione brutale, un branco di minorenni, una vittima indifesa. La violenza consumatasi mercoledì 16 aprile nella sala d’attesa della stazione ferroviaria di Galatina, in provincia di Lecce, ha scosso profondamente l’opinione pubblica.
A farne le spese è stato un ragazzo di 15 anni, di origini straniere, invalido al 100% e affetto da diabete. Il giovane è stato colpito con calci, pugni e persino cinghiate da un gruppo di coetanei — otto o nove ragazzi, secondo le prime ricostruzioni — davanti agli occhi attoniti delle tre amiche che erano con lui.
L’aggressione, ripresa con un telefono cellulare, è stata postata su Instagram, ma rimossa dopo poche ore. A chiedere che il video venga condiviso, però, è stata proprio la madre del ragazzo: “Loro lo hanno cancellato, ma io voglio che sia pubblico – ha dichiarato a Repubblica Bari –. Voglio che nessuno distolga lo sguardo dalla violenza del branco, voglio che le persone capiscano cos’è il bullismo, cosa può fare a un ragazzo indifeso”.
Indagini in corso, al vaglio tutte le ipotesi
Il caso è ora nelle mani della polizia e della Procura per i minorenni. Il movente dell’aggressione non è ancora chiaro. Si ipotizza un possibile movente razzista, ma gli inquirenti non escludono alcuna pista. Gli investigatori stanno analizzando i filmati delle telecamere di videosorveglianza della stazione per risalire all’identità degli aggressori.
Secondo quanto raccontato dalla madre, il figlio ha mostrato riluttanza nel denunciare l’accaduto, probabilmente per timore di ritorsioni. Solo il giorno successivo, dopo aver notato i lividi e un occhio tumefatto, la donna è riuscita a farsi mostrare il video della violenza e lo ha portato subito in ospedale per accertamenti, prima di sporgere denuncia al commissariato.
Un silenzio lungo anni
Pare che quella del 16 aprile non sia stata la prima volta. Il ragazzo avrebbe già subito episodi di bullismo in passato, mai denunciati né raccontati. Il silenzio, figlio della paura, è stato interrotto solo dalla brutalità dell’ultima aggressione.
Un Paese che deve guardare in faccia il bullismo
La vicenda di Galatina è l’ennesimo campanello d’allarme. Un’aggressione che non può essere archiviata come un “caso isolato”, ma che impone una riflessione profonda su bullismo, inclusione e responsabilità sociale. “Voglio che tutti vedano quel video – ha detto la madre –. Perché non si può continuare a girarsi dall’altra parte. Non stavano solo picchiando mio figlio. Stavano distruggendo la dignità di una persona”.
Il Paese è chiamato a non voltarsi. Perché ogni branco nasce anche dal silenzio degli adulti.