La Procura di Venezia ha ufficialmente impugnato la sentenza con cui Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin. I magistrati veneziani hanno deciso di presentare ricorso contro il verdetto emesso dalla Corte d’Assise lo scorso dicembre, chiedendo il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking, escluse nella sentenza di primo grado.
Nonostante la condanna al massimo della pena, la decisione dei giudici di non riconoscere le due aggravanti aveva sollevato numerose polemiche e critiche da parte dell’opinione pubblica, degli esperti e dei familiari della giovane vittima. La Procura ha dunque ritenuto necessario agire, sostenendo che la dinamica dell’omicidio e il comportamento dell’imputato dimostrerebbero in maniera evidente l’esistenza di entrambe le aggravanti.
Durante il processo, l’accusa aveva già richiesto che le aggravanti venissero riconosciute, evidenziando come le 75 coltellate inferte a Giulia Cecchettin e l’aggressione durata oltre 20 minuti non potessero che configurare un atto di eccezionale ferocia. A ciò si aggiungevano le migliaia di messaggi inviati da Turetta alla vittima anche dopo la fine della loro relazione, considerati dalla Procura come comportamenti tipici di uno stalker.
Sulla stessa linea si è sempre posta la parte civile rappresentata dalla famiglia Cecchettin. Il padre della giovane, Gino Cecchettin, aveva espresso pubblicamente la propria delusione dopo la sentenza di primo grado: “Se non è stalking questo, con centinaia di messaggi al giorno e 75 coltellate, allora non so cosa serva per configurarlo”.
La Corte d’Assise di Venezia, tuttavia, non aveva ritenuto sussistenti gli elementi per configurare la crudeltà e lo stalking come aggravanti. I giudici avevano spiegato che le coltellate, pur essendo numerose e ravvicinate, non dimostravano una volontà deliberata da parte dell’imputato di infliggere sofferenze gratuite. L’azione di Turetta, per il collegio giudicante, sarebbe stata frutto di una dinamica concitata, non finalizzata alla tortura o al sadismo.
Analogamente, l’elemento persecutorio non sarebbe emerso in modo netto, secondo la valutazione della Corte. Un’interpretazione che ha generato non poche critiche, soprattutto in considerazione del contesto di controllo ossessivo e del comportamento insistente del giovane nei confronti di Giulia nei mesi precedenti all’omicidio.
Al momento, la difesa di Filippo Turetta non ha presentato appello, riservandosi di decidere entro il termine ultimo del 27 maggio, data di scadenza per l’impugnazione. I legali stanno valutando la strategia processuale da seguire alla luce dell’iniziativa della Procura.