PARIGI. La richiesta di inviare oggetti personali ai parenti da parte di Gilda Ammendola è seguita dalla tragica notizia del suo suicidio in carcere a Parigi. La giovane aveva 32 anni ed era originaria di Portici, madre di una bambina di 8 anni. La ragazza era detenuta presso l’istituto penitenziario di Fleury-Mérogis e, secondo le autorità francesi, si sarebbe tolta la vita in cella. Tuttavia, la dinamica dei fatti non convince la famiglia di Gilda, che ha deciso di presentare un esposto alla procura di Roma attraverso l’avvocato Domenico Scarpone. Ci sono diversi aspetti della vicenda che non risultano convincenti per i parenti della vittima.
In primo luogo, la famiglia di Gilda Ammendola non è stata autorizzata a vedere il corpo della giovane e non è stato permesso al loro perito di partecipare all’autopsia. Oltre ai problemi di natura legale, la dinamica degli eventi che si sono verificati il 21 gennaio non è stata convincente. Inizialmente, un funzionario del carcere ha contattato la famiglia per chiedere di inviare gli effetti personali della ragazza. Poco dopo, mentre la famiglia stava preparando il pacco da spedire, è giunta una seconda telefonata che annunciava la morte della 32enne per suicidio. Questa serie di eventi ha sollevato dei dubbi e ha spinto la famiglia a prendere provvedimenti tramite il loro avvocato.
Come primo risultato dell’esposto presentato, è stata ordinata una nuova autopsia, fissata per la prossima settimana. Il fascicolo italiano dell’inchiesta è stato affidato al sostituto procuratore Eugenio Albamonte, come informa Napolitoday, mentre il professore Luigi Cipolloni svolgerà l’autopsia come medico legale.