Una giornata di ordinaria follia in carcere al Mammagialla di Viterbo. E i poliziotti che aderiscono al Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri, sollecitano interventi e dicono “Basta!”. Come spiega il vice segretario regionale SAPPE per il Lazio Luca Floris, “la situazione nel carcere Mammagialla è davvero allarmante. Ieri un detenuto extracomunitario ha dato una “lamettata” ad un poliziotto ferendolo al braccio. Sfiorata la tragedia per l’ennesima volta.
Il detenuto in isolamento senza apparenti motivi si è scagliato contro l’agente che è dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso con alcuni punti di sutura. Pochi giorni fa subbuglio alla sezione infermeria dove, sempre per futili motivi, i detenuti hanno appiccato un fuoco che ha di fatto creato una cortina di fumo rendendo irrespirabile l’aria. Per scongiurare il peggio e salvare la vita agli altri detenuti della sezione si sono dovuti rompere i vetri e fare passare aria pulita dalle finestre”.
“Non c’è più un giorno che non succede qualcosa di grave”, conclude Floris Vice Segretario del Lazio del SAPPE, il sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia Penitenziaria: “l fatto che ultimamente non gridiamo più alla stampa il nostro grido di aiuto non significa che non succede più nulla, anzi. La situazione sta quotidianamente degenerando. Abbiamo deciso di mantenere un profilo basso per non creare ancora più scompiglio ma a volte è veramente dura non denunciare e fare il proprio ruolo di, appunto, Sindacato”.
Maurizio Somma, segretario nazionale SAPPE Lazio, stigmatizza i gravi episodi ed esprime solidarietà ai poliziotti in servizio al Mammagialla: “Con questi ulteriori gravi eventi critici sale vertiginosamente il numero dei poliziotti coinvolti da detenuti senza remore in fatti gravi. Esprimiamo la massima solidarietà e vicinanza a tutti i colleghi del Reparto di Viterbo: ma quest’ultimo episodio deve far riflettere.
Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri, siamo in balia di questi facinorosi. Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali: in carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle Istituzioni… Abbiamo bisogno di personale, il rischio fa parte del nostro lavoro, ne siamo consapevoli, ma giocare al massacro con livelli di sicurezza che non permettono minimamente di tutelare l’incolumità dei lavoratori non è accettabile!”. “Il SAPPE”, conclude Somma,“accusa ancora una volta l’Amministrazione Penitenziaria di scarsa attenzione sulla problematica dei detenuti stranieri che sta rendendo il lavoro della Polizia Penitenziaria sempre più difficile”.
“La cosa più grave che emerge da queste giornate di follia”, aggiunge il Segretario Generale del SAPPE Donato Capece, “è che nulla l’Amministrazione riesce a realizzare per eliminare queste criticità. Tale situazione di immobilismo da parte dell’amministrazione penitenziaria sta mettendo a dura prova il lavoro della Polizia Penitenziaria, tanto che come SAPPE stiamo decidendo di dare vita a breve ad eclatanti azioni di protesta per manifestare il proprio disagio lavorativo”. Per questo, il leader del SAPPE “auspica in un celere intervento di questo Governo sulle continue aggressioni al personale oramai all’ordine del giorno”. E si rivolge in particolare al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo: “Al Capo DAP Russo rinnoviamo l’invito ad incontrare il SAPPE per affrontare i temi della gestione dei detenuti stranieri, dei malati psichiatrici, della riorganizzazione istituti, della riforma della media sicurezza.
Ma chiediamo anche l’immediata applicazione dell’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede restrizioni adatte a contenere soggetti violenti e pericolosi. Sarebbe opportuno dotare al più presto la Polizia Penitenziaria del taser o, comunque, di altro strumento utile a difendersi dalla violenza di delinquenti che non hanno alcun rispetto delle regole e delle persone che rappresentano lo Stato”. Per questo, il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non esclude clamorose forme di protesta dei poliziotti: “perché ormai il tempo delle interlocuzioni è finito: in questi ultimi anni ci siamo recati in ogni istituto di pena del Paese, per adulti e minori, abbiamo pazientemente ascoltato il personale, abbiamo scritto e riscritto alle varie Autorità competenti, ma ci rendiamo conto che chi di dovere non ha ancora intrapreso le iniziative che abbiamo richiesto e che ci aspettavamo”.