Nel corso di questa settimana più volte abbiamo affrontato la vicenda relativa ad uno dei figli della signora Rita de Crescenzo, Checco, mostrando, con audio e prove alla mano che la storia non è come viene raccontata dai diretti interessanti.
In diretta abbiamo ricostruito i fatti. Il fonico della De Crescenzo si sarebbe diretto a Battipaglia – dove si trova la casa famiglia nella quale era stato portato Checco dai servizi sociali – per aiutarlo ad evadere. Questa azione sarebbe stata fatta con una 500 nera.
Dopodiché, in un autogrill, Checco sarebbe passato dalla custodia del fonico della De Crescenzo a quella del fratello, che lo avrebbe portato poi in una “località protetta”. Così come la stessa tiktoker ha confermato in un vocale, ammettendo di sentire il figlio normalmente attraverso telefonate.
Qui potete trovare l’articolo che ricostruisce la vicenda:
https://pinograzioli.news/pino-grazioli-rita-de-crescenzo/
A fronte delle critiche e delle minacce che io, Pino Grazioli, ho ricevuto dopo essermi rifiutato di aiutare la signora Rita del Crescenzo a “ritrovare” suo figlio che lei stessa ha aiutato ad evadere e che dunque sa bene dove si trovi (lo dimostra anche la videochiamata che qualche giorno fa la signora ha fatto in diretta social con il figlio), ho deciso di mostrare ai miei detrattori che aiutare la signora De Crescenzo a far evadere il figlio (del quale ha perso la patria potestà) è un reato a cui io non mi sarei mai reso complice né avrei mai avallato, ma anzi ho denunciato attraverso i miei canali social.
Ieri, durante la diretta, mi sono avvalso della competenza dell’avvocato Reggi al fine di spiegare il reato che ha commesso la famiglia De Crescenzo.
Innanzitutto l’avvocato Reggi ha sottolineato il buon lavoro giornalistico svolto da me e dal mio staff in questi giorni, dal momento che non ci siamo limitati a criticare a testa bassa i servizi sociali, ma abbiamo svolto le dovute “indagini” che hanno condotto alla verità dei fatti.
Si è sottolineato che il progetto della signora De Crescenzo era quello di costruire ad arte una verità falsa, ovvero quella di una struttura (la casa famiglia) che avesse omesso di vigilare sul minore allo scopo di scaricare sulla struttura la responsabilità della mancata custodia.
L’avvocato ci ha spiegato che se il reato viene compiuto da tre o più persone si tratta di associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione consensuale di un minore che, se affidato ai servizi sociali, integra un reato nei confronti dello Stato. Inoltre, il legale ha sottolineato che, laddove il minore venisse rintracciato, potrebbe essere addirittura affidato ad una struttura situata fuori dalla Campania. Se i genitori del minore continuano ad avere dei comportamenti contrari alla legge potrebbero anche non vedere più il ragazzo fino alla sua maggiore età.
Inoltre abbiamo posto l’attenzione sull’opportunità – della signora De Crescenzo – di continuare ad essere attiva sui social a scopo di lucro utilizzando la vicenda che vede protagonista suo figlio minore nonostante la delicatezza della situazione e, immaginiamo, del dispiacere che si ha ad aver perso la patria potestà di un figlio.
Qui la diretta con l’avvocato Reggi:
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