Stamane avviene un appello pubblico da parte del signor Danise Marco, indirizzato al Ministro della Salute Orazio Schillaci. In questo appello, Marco descrive il suo complesso caso di malattia e chiede l’invio di ispettori medici, nonché la possibilità di trovare un chirurgo specializzato per una revisione protesica a causa di un’infezione in atto.
l’avvocato Mariarosaria Di Dona, rappresentante legale di Marco, viene intervistata per ottenere dettagli sul suo caso. Il signor Danise è stato ricoverato dopo un incidente stradale e ha subito un intervento al femore destro all’ospedale di Frattamaggiore. Successivamente, è stato trasferito al Cardarelli, l’ospedale di riferimento per la sua patologia, dove è stato operato. Nonostante l’operazione, il signor Danise è stato dimesso con un’infezione in corso, non riconosciuta dai medici.
Il suo stato di salute è peggiorato, e al suo ritorno al Cardarelli, i medici hanno continuato a sottovalutare la situazione, suggerendo che si trattasse di un problema psicologico. Il signor Danise ha cercato aiuto da medici privati, confermando l’infezione ma ricevendo il consiglio di tornare al Cardarelli.
Dopo ulteriori ricoveri e un intervento che ha causato ulteriori complicazioni, il signor Danise è stato dimesso, nonostante le sue condizioni fisiche devastanti. Ha sperimentato nuovi sintomi, ma i medici lo hanno nuovamente liquidato con una diagnosi di attacchi di panico. Alla ricerca di cure, è stato indirizzato al Fatebenefratelli, ma la complessità del suo caso richiede un reparto dedicato, con un costo di 30.000 euro.
Oltre alla denuncia presentata alla procura di Napoli, c’è un appello urgente al Ministro della Salute. Tuttavia, il Fatebenefratelli offre solo interventi in intramoenia a un costo significativo, costringendo Marco a tornare al Cardarelli, che però si è dichiarato non competente per l’operazione.
Ora, senza antibiotici, Marco è a rischio di setticemia se non riceve assistenza medica. Un appello va al Ministro della Salute e a tutti i medici che credono ancora nell’antico giuramento di Ippocrate per intervenire e salvare una vita in pericolo.