uno studente universitario iscritto a Ingegneria, il cui collega frequenta invece Economia, e il figlio di un boss locale. Questa inusuale banda avrebbe tentato di estorcere 30mila euro da un bar ad Acerra, utilizzando messaggi minatori su WhatsApp per organizzare il crimine e fornire istruzioni su dove lasciare i soldi. Questa storia, che sembrerebbe tratta da un film, è invece una realtà rivelata dalle indagini del pm anticamorra Giuseppe Visone della Procura di Napoli, che ha portato all’arresto dei tre individui, su ordine del gip Teresa Valentino.
Il 26 luglio sono stati effettuati i fermi, mentre il gip ha firmato la misura cautelare il 28 luglio. I due studenti, entrambi provenienti da famiglie appartenenti alla borghesia vesuviana, hanno ammesso parzialmente le accuse e sono stati posti ai domiciliari. Secondo la ricostruzione della Procura, i tre individui avevano preso di mira un bar ad Acerra, frequentato sia di giorno che di sera, soprattutto da giovani e studenti universitari. La banda ha inviato una lettera minatoria, con un messaggio chiaramente riconducibile all’ambiente della malavita organizzata, specificando che i 30mila euro estorti sarebbero andati alle famiglie dei carcerati, per non lasciarle sole, specialmente in agosto.