Il caso del decesso di Giulia Cecchettin ha trovato una conclusione definitiva il 3 dicembre 2023, quando la Corte d’Assise di Venezia ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per aver tolto la vita alla sua ex fidanzata. La sentenza, che ha avuto un forte impatto sulla comunità e sull’opinione pubblica, ha riconosciuto l’aggravante della premeditazione, ma ha escluso quelle della crudeltà e dello stalking.
I giudici hanno sottolineato la premeditazione del delitto, che ha visto l’ex fidanzato di Giulia aggredirla e toglierle con ben 75 colpi l’11 novembre 2023, ma non hanno ritenuto che le sue azioni potessero configurarsi come stalking, nonostante un numero significativo di messaggi inviati da Turetta nei giorni precedenti la tragedia.
Uno degli aspetti più discussi della sentenza riguarda l’esclusione dell’aggravante di stalking. Secondo quanto emerso dalle motivazioni della corte, le condotte di Turetta, pur evidenziando un comportamento ossessivo e molesto, non rientrano nei limiti temporali necessari per configurare il reato di stalking. La legge italiana, infatti, definisce lo stalking come una serie di atti persecutori che si verificano dopo la fine di una relazione, e il periodo contestato non è stato ritenuto sufficiente per stabilire un legame diretto con la paura o l’ansia da parte della vittima.
Le motivazioni della sentenza indicano che, sebbene i messaggi inviati da Turetta fossero oggettivamente in grado di generare ansia, non si è potuto dimostrare che Giulia avesse realmente vissuto un turbamento tale da configurare il reato di stalking. Le indagini, infatti, non hanno evidenziato alcun segno di paura nella giovane, né dai familiari né dalle amiche, che non hanno mai notato cambiamenti nel suo comportamento o segni di ansia riguardo al suo ex fidanzato.
Un elemento fondamentale che ha influenzato la decisione dei giudici è stata la testimonianza di Gino Cecchettin, padre di Giulia. Il suo racconto, in particolare, ha avuto un peso significativo nella valutazione della corte. Gino Cecchettin ha infatti dichiarato di non aver mai percepito alcun segno di preoccupazione da parte della figlia, né per violenze né per comportamenti irrispettosi da parte di Filippo Turetta. «Giulia non mi ha mai rappresentato e neppure ha confidato ai suoi fratelli atteggiamenti violenti o irrispettosi nei suoi confronti dal fidanzato», ha affermato il padre. Anche durante la sua deposizione davanti al pubblico ministero nel febbraio 2024, Gino Cecchettin ha confermato che sua figlia non mostrava segni di sofferenza o paura verso Turetta.
La testimonianza di Gino Cecchettin, con la sua fermezza e chiarezza, ha contrastato la tesi dell’accusa, che cercava di delineare un quadro di paura e ansia crescente nella vittima, tipico dei casi di stalking. Il padre di Giulia ha sottolineato che sua figlia, pur avendo vissuto una relazione con un uomo possessivo e geloso, non aveva mai dato segni di temere per la sua incolumità. Questo ha portato i giudici a escludere l’aggravante dello stalking.
Un altro passaggio chiave nelle motivazioni della sentenza è il fatto che, poche ore prima di essere uccisa, Giulia aveva fissato un incontro con Filippo Turetta. La giovane, pur consapevole della sua ossessione e delle sue richieste irragionevoli, non aveva mai avuto paura di lui. Addirittura, Giulia lo aveva invitato a fare acquisti insieme in vista della sua laurea, un gesto che, secondo i giudici, dimostra come la ragazza non avesse percepito un pericolo imminente.
Le conversazioni tra i due, anche quelle degli ultimi giorni, hanno mostrato un quadro di incomprensione reciproca, ma mai di paura o ansia. Giulia, pur infastidita dal comportamento insistente dell’ex fidanzato, non sembrava mai considerarlo una minaccia reale. I toni dei messaggi tra i due erano a volte arrabbiati e frustrati, ma non esprimevano mai paura, e Giulia sembrava trattare la situazione come una questione di incomprensioni piuttosto che come una vera e propria minaccia alla sua vita.
In definitiva, la Corte ha escluso l’aggravante dello stalking, riconoscendo che, pur essendo Filippo Turetta responsabile di un comportamento ossessivo e persecutorio nei confronti di Giulia, non esistevano prove sufficienti per configurare il reato di stalking. La giovane, pur vittima di condotte moleste e prepotenti, non aveva mai manifestato paura verso il suo ex fidanzato. La sua morte, per i giudici, è stata il risultato di un atto violento e premeditato da parte di Turetta, ma non era preceduta da un comportamento persecutorio che giustificasse l’aggravante di stalking.
Questa sentenza, sebbene definitiva, continua a suscitare interrogativi e riflessioni sulla violenza di genere e sui segnali premonitori che possono essere, a volte, fraintesi o ignorati, mettendo in luce l’importanza di una valutazione precisa dei fatti e delle circostanze.