“Inverosimile”, “assurda”, “illogica”: sono i termini con cui il gip del Tribunale di Civitavecchia ha definito la ricostruzione dei fatti fornita da Giada Crescenzi, arrestata con l’accusa di omicidio volontario aggravato per la morte di Stefania Camboni, 63 anni, madre del suo compagno Francesco Violoni. Il delitto è avvenuto nella notte tra il 14 e il 15 aprile nella villetta di via Santa Teresa di Gallura, nell’entroterra di Fregene.
Giada Crescenzi e Francesco Violoni, rimasti improvvisamente senza casa per problemi economici e una presunta truffa immobiliare, si erano trasferiti da circa un mese a casa della madre di lui. Nonostante un rapporto interrotto da oltre un anno, i due avevano chiesto ospitalità a Stefania Camboni. Una convivenza definita “necessaria”, che tuttavia sembra essersi svolta in un clima di tensione.
Violoni ha parlato di “velata gelosia” tra la madre e la compagna, mentre Crescenzi ha descritto la vittima come una donna instabile, con “problemi psichiatrici” e atteggiamenti aggressivi. Secondo la sua versione, però, quella notte non ci sarebbe stato alcun litigio. Ha raccontato di aver cenato insieme a Stefania e al compagno e di essersi ritirata presto a dormire, svegliandosi intorno alle 4:30 a causa del ciclo mestruale, prima di riaddormentarsi fino all’alba.
A insospettire gli inquirenti, oltre alla versione contraddittoria di Crescenzi, sono soprattutto le ricerche effettuate online tra le 4:30 e le 5:00: “Come togliere il sangue dal materasso”, “veleni in casa”, “che sapore ha l’acqua distillata”, “Depakin abuso”. Per gli inquirenti, si tratta di prove schiaccianti. La donna ha tentato di giustificare le ricerche sostenendo di voler prevenire eventuali macchie dovute al ciclo mestruale e di essere interessata al veleno per le piante. Una spiegazione che il gip ha definito “priva di logica” e “falsa senza ombra di dubbio”.
Secondo la ricostruzione della Procura, il delitto sarebbe avvenuto tra le 5:00 e le 6:50 del mattino. Un arco temporale durante il quale Crescenzi avrebbe avuto tutto il tempo per agire e poi ripulire, nonostante lei affermi di non aver sentito nulla perché sotto effetto di farmaci e con i tappi alle orecchie.
A rafforzare i sospetti, numerosi dettagli: tracce di sangue sulle ciabatte di Giada, lavate ma positive al test ematico. Macchie rilevate anche sul pelo del cane, nel bagno al primo piano e nel bidet. E ancora: un pigiama apparentemente mai indossato, descritto come profumato e perfettamente stirato, che contrasta con quanto dichiarato da Crescenzi e confermato dal compagno.
Gli investigatori sospettano che l’imputata abbia indossato un altro pigiama durante l’omicidio, poi fatto sparire o lavato, e che abbia inscenato un goffo tentativo di furto per sviare le indagini. La casa, infatti, è stata trovata a soqquadro, ma la vittima indossava ancora i suoi gioielli e nulla è stato rubato. Inoltre, l’arma del delitto, il cellulare e le chiavi dell’auto della vittima risultano scomparsi. La vettura è stata ritrovata parcheggiata fuori strada con il finestrino abbassato, un ulteriore elemento che fa pensare a un maldestro depistaggio.
Un interrogativo resta centrale: perché le ricerche su veleni se Stefania Camboni è stata accoltellata? Gli investigatori non escludono che la donna possa essere stata prima narcotizzata o avvelenata, ipotesi che renderebbe più chiara la dinamica dell’aggressione e che dovrà essere confermata dall’autopsia.
Resta aperta anche la possibilità che non abbia agito da sola. Al momento, tuttavia, l’unica persona indagata per l’omicidio è Giada Crescenzi, mentre Francesco Violoni, assente durante i fatti, risulta estraneo secondo quanto emerso finora.