Kianoosh Sanjari, giornalista e attivista per i diritti umani iraniano, è morto suicida a Teheran il 13 novembre 2024. Conosciuto per il suo impegno contro la repressione e la sua critica alle autorità iraniane, Sanjari ha lasciato un messaggio sui social media, affermando che si sarebbe tolto la vita se non fosse stato annunciato il rilascio di quattro prigionieri politici entro la sera stessa. Poco dopo, ha portato a termine la tragica minaccia gettandosi da un ponte nella capitale iraniana.
Sanjari, 42 anni, era noto da anni come una figura influente nella lotta per i diritti civili in Iran. Il suo attivismo risaliva ai primi anni 2000, quando era stato arrestato e imprigionato più volte per le sue posizioni a favore della libertà di espressione e i suoi report sugli abusi del governo contro i dissidenti. In passato, Sanjari aveva denunciato le torture e le condizioni disumane a cui erano sottoposti i detenuti nelle prigioni iraniane, compreso l’uso della cosiddetta “tortura bianca”, che implica lunghi periodi di isolamento in condizioni estreme.
L’ultimo gesto di Sanjari ha sollevato commozione e indignazione in Iran e nella comunità internazionale, poiché richiama l’attenzione sulle difficili condizioni dei prigionieri politici sotto il regime. Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno più volte denunciato le condizioni critiche dei dissidenti in Iran e la pratica della repressione politica tramite torture fisiche e psicologiche, una situazione che Sanjari aveva più volte testimoniato nei suoi scritti.
La sua morte sottolinea le tensioni crescenti tra il regime e i movimenti per i diritti civili, in un momento in cui il governo iraniano sta fronteggiando una resistenza crescente da parte della popolazione, specialmente tra i giovani.