La Procura di Lodi sta procedendo per istigazione al suicidio, sul caso della ristoratrice Giovanna Pedretti ritrovata morta nel fiume Lambro, a due passi da casa, dopo il clamore suscitato intorno alla vicenda della recensione lasciata al suo locale e alla risposta rilasciata dalla Pedretti. Fondamentali potranno comunque essere per le indagini saranno anche i risultati dei medici legali che eseguiranno l’autopsia e gli esami tossicologici previsti per mercoledì e giovedì. Nel mirino degli inquirenti c’è comunque la ricostruzione di quanto accaduto sui social: la pressione mediatica e social potrebbe aver influito sulla tragica decisione finale, e quanto possa pesare il quadro familiare della donna, che proprio 13 anni fa aveva perso un fratello nello stesso modo. Tutto è iniziata lo scorso 11 gennaio quando sulla pagina Facebook della pizzeria Le Vignole un cliente aveva lasciato un post: “Mi hanno messo – si legge sulla pagina del ristorante – a mangiare di fianco a dei gay, non mi sono accorto subito perché sono stati composti. C’era anche un ragazzo in carrozzina che mangiava con difficoltà… mi spiace ma non mi sono sentito a mio agio. Peccato perché la pizza era eccellente e il dolce ottimo, ma non andrò più”. Poco dopo Giovanna Pedretti, titolare nel locale insieme al marito Nello D’Avino, aveva così risposto al cliente: “Il nostro locale è aperto a tutti e i requisiti che chiediamo ai clienti sono l‘educazione e il rispetto verso l’altro”, scrive. “A fronte di queste bassezze umane e di pessimo gusto, credo che il nostro locale non faccia per lei. Noi non selezioniamo i clienti in base ai loro gusti sessuali, men che meno sulla disabilità”.