La Fondazione Una Nessuna Centomila “guarda con grande preoccupazione a quello che sta avvenendo intorno alla Convenzione di Istanbul.
Ancora una volta sul corpo delle donne si sta giocando una partita che favorisce equilibri di potere a discapito di diritti faticosamente conquistati”.
“Da quando il nostro Paese nel 2013 ha ratificato la Convenzione – si legge in una nota -, molte delle misure elencate hanno costituito la base per poter legiferare contro la violenza sulle donne. Certo siamo lontani, soprattutto nell’ambito della prevenzione, dagli standard legislativi e culturali che la Convenzione richiede ma averli come obiettivi ha prodotto strumenti di condivisione sociale e politica e pressione istituzionale nel realizzarli o nel decidere di negarli”.
“Cresce allora l’indignazione – si legge ancora – nel constatare che dopo gli sforzi di questi dieci anni per cercare e ottenere determinati risultati (dalla legge n. 119 del 2013; passando alla legge n.69 del 2019, il c.d. codice rosso; fino alla legge n.12 e n.112 del 2023) oggi ci sia il tentativo di tornare indietro nel tempo. Siamo come sempre l’oggetto sacrificale”. “La direttiva europea, proposta a marzo 2022 quale istituto indispensabile per applicare sanzioni agli stati membri in presenza di inadempienze in via di approvazione elimina l’articolo che definisce, e quindi sanziona, il reato di stupro come rapporto sessuale in assenza del consenso esplicito della donna – sottolinea ancora la fondazione -. Non sono più incluse le molestie sessuali nel mondo del lavoro e per quanto riguarda la violenza online: la vittima dovrebbe provare il danno subito dalla circolazione di proprie immagini private”. “Per noi questo è un clamoroso passo indietro rispetto ad una Convenzione a cui bisogna aspirare nella sua completezza e non certo ridimensionare nei suoi strumenti conclude la nota -. E quello che più ci colpisce è la mancanza di dibattito politico. Se in Europa in questo momento si discute, in Italia invece non è dato sapere quale sarà la posizione del nostro Paese in merito. Un silenzio assordante, quel silenzio che alle donne si chiede di spezzare e di cui invece le istituzioni si nutrono”.