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Home » “ LA CASA” la lettera aperta di Don Maurizio Patriciello

“ LA CASA” la lettera aperta di Don Maurizio Patriciello

di Redazione
Febbraio 11, 2024
in News
Tempo di lettura: 4 minuti
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“ LA CASA” la lettera aperta di Don Maurizio Patriciello
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Il terremoto del 23 novembre del 1980 ha segnato in Campania un vero spartiacque. Migliaia di persone finirono al cimitero, a tantissime altre fu sconvolta la vita.

A Cavano, un intero quartiere, denominato “Parco Verde” venne costruito per dare una casa agli sfollati napoletani. Il primo, grande, maledetto virus fu inserito già nella progettazione. Non vi dico: materiali scadenti, costruzioni assurde, manutenzione inesistente.

Le famiglie assegnatarie, ben presto, conobbero l’abbandono delle istituzioni. Mai un vigile urbano fu visto per le strade del quartiere, mai una famiglia bisognosa potè fare affidamento sui servizi sociali. Le varie amministrazioni comunali quasi mai arrivavano a fine mandato. L’ultima fu sciolta per infiltrazione mafiosa, come quella precedente.

Ben presto, chi aveva qualche alternativa, se ne andò. La casa, ovviamente, sarebbe dovuta ritornare al legittimo proprietario, il Comune.

Non avvenne. E fu l’inizio di tutti i guai.

Le case libere venivano cedute a un parente, un amico, o “vendute” per piccole somme di denaro. Tutto in nero. Tutto alla luce del sole. D’altronde erano delle vere catapecchie. Chi subentrava, con mille sacrifici, le rimetteva a nuovo.

Attenzione adesso: il Comune non avrebbe dovuto concedere la residenza ai nuovi arrivati, ma, al contrario, avrebbe dovuto denunciarli. Erano palesamente abusivi. Se lo avesse fatto, una prima e una seconda volta, lo scempio attuale sarebbe stato evitato.

Non accadde. E questo enorme peccato di omissione è costato alla povera gente lacrime e sangue.

Il quartiere, intanto, lasciato a se stesso, andava organizzandosi a modo proprio, diventando una grande piazza di spaccio a cielo aperto.

Nell’assenza dello Stato, nasceva il ghetto, con le sue regole, i suoi modelli, la sua economia, i suoi “comandanti”.

Era evidente che il bubbone maledetto prima o poi sarebbe esploso. La presenza della chiesa non bastava. I volontari segnavano il passo. Occorreva lo Stato in tutta la sua fermezza, con tutta la sua autorità.

Chi scrive, parroco di questa povera gente, da sempre, ha alzato la voce, anche con l’aiuto del giornale per il quale scrive: “Avvenire”. Sempre ha denunciato, senza peli sulla lingua, mettendo in guardia le legittime autorità. Fino al punto che la notte del suo compleanno di due anni fa, una piccola bomba carta fu fatta esplodere all’esterno della parrocchia. Da allora ha dovuto rinunciare anche alla propria libertà e vive sotto scorta.

Intanto “qualcuno” fiutò l’affare
delle case e la cosa si complicò. Dove non ci sono i gatti, iniziano a ballare i topi. Lo sanno tutti.

Il 31 agosto scorso, rispondendo a un mio invito, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è venuta a Caivano, si è interessata di noi, ha preso impegni che sta mantenendo. Da allora quasi tutti i ministri dell’attuale governo ci hanno fatto visita.

Occorreva riportare la legalità nel
nostro paese. Fummo felici. Ben 52 milioni di euro furono stanziati per risollevarci dal degrado. La gente era contenta. Meno contenti, ovviamente, chi delinque e vuole continuare a farlo.

Giovedì mattina, come un fulmine, sono arrivati, dalla Procura di Napoli Nord, gli ordini di sgombero di alcune centinaia di famiglie. Due famiglie su tre occupano, infatti, illegalmente la casa. Entro un mese dovrebbero andare via.

La magistratura ha fatto il suo dovere, polizia e carabinieri hanno eseguito gli ordini. A me parroco incombe l’obbligo di restare accanto alla mia gente e il dovere di gridare la verità in ogni sede. Costi quel che costi. Anche la gogna mediatica o un colpo di pistola in fronte.

In una lettera aperta a Giorgia Meloni, nel mese di settembre, raccontai le cose per come stanno. La colpa di questa paradossale assurdità, impensabile in un Paese civile, cade soprattutto sulle varie amministrazioni comunali che si sono succedute da quando è nato il quartiere.

Per quanto possa apparire grottesco, al Parco verde era diventato ” normale” cedere la casa a un altro. Avveniva sotto gli occhi di tutti. Nessuno reclamava, nessuno protestava, nessuno venuva denunciato, nessuno impediva che venisse fatto.

Queste persone hanno le loro colpe, hanno commesso i loro errori, troppo forte era però il bisogno di una casa, soprattutto per le giovani coppie. In queste case popolari sono nati i figli, che oggi hanno dai 30 anni in giù. Ho detto dai 30 anni in giù.

Adesso, nel giro di un mese, la mia amata Italia, pretende quello che non è stata capace di fare in tre decenni. Per la festa della donna, tutti dovrebbero uscire fuori. Per ripristinare la legalità. Tutti fuori, si, ma per andare dove? Non lo so e non oso immaginarlo.

No, non si fanno così le cose. Troppo facile, troppo comodo. Lo Stato – in ogni sua compagine – che in questi ultimi sei mesi finalmente si è fatto accanto ai poveri deve avere il coraggio di calarsi fino a farsi male nei loro problemi per risolverli, non aumentarli. Inutilmente, pericolosamente.

La gente è impaurita. Le mamme piangono. I bambini sono stressati. Ancora una volta, giovedì sera, una folla di persone è venuta a chiedere aiuto al parroco, bistrattato od osannato a seconda delle situazioni.

Occorre avere tanto discernimento. Un conto sono i camorristi da perseguire, altra cosa la gente onesta che occupa si una casa illegalmente ma senza alcuna prepotenza.

Questi poveri non possono pagare le omissioni e le collusioni di chi si assunse il compito di governarli e non lo fece, o lo fece male.

C’era da aspettarselo. I nodi, prima o poi, vengono a pettine. Ognuno adesso tenta di difendere se stesso. La situazione è grave. Io- come sempre – resto al mio posto. A disposizione delle istituzioni, della magistratura, delle forze dell’ordine, dei commissari, del governo. A servizio della Chiesa e di questo popolo.

Non ce l’ho con nessuno. Sono un prete, voglio bene a tutti. Ma voglio bene soprattutto alla verita. “ Ferma il mio dir se non dico il vero” pregava il poeta Clemente Rebora.

E la verità è che se il comune di Caivano, proprietario delle case del Parco Verde e del centro sportivo, avesse fatto il proprio dovere, con onestà e intelligenza, oggi non staremmo a doverci vergognare davanti ai nostri figli. E a tremare per quello che potrà accadere.

Dio benedica tutti.

Padre Maurizio Patriciello.

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