Casteldaccia (PA), 25 maggio 2025 – Sono passati 33 anni, ma di Mariano Farina (12 anni) e Salvatore Colletta (15) non si hanno più notizie dal 31 marzo 1992, giorno della loro misteriosa scomparsa a Casteldaccia, in provincia di Palermo. Un enigma che, a distanza di decenni, continua a pesare come un macigno sulle famiglie e sull’intera comunità, mentre oggi si celebra la Giornata internazionale dei bambini scomparsi.
Due bambini svaniti nel nulla, in un contesto storico segnato da tensioni e sangue, a pochi mesi dalle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio. Cosa Nostra, infatti, è sempre stata ritenuta la pista più probabile, ma la verità non è mai emersa.
A sostenere oggi le famiglie nella loro battaglia di verità sono l’avvocata Laura Genovesi e la criminologa Roberta Catania, entrambe attive nell’Unità Operativa “A pista fredda” dell’AISF (Accademia Internazionale delle Scienze Forensi), diretta da Roberta Bruzzone. L’unità si occupa di riaprire e riesaminare casi irrisolti, tra cui quello dei due ragazzi di Casteldaccia.
Quel giorno, Mariano e Salvatore avrebbero raggiunto Contrada Gelso, un’area all’epoca piena di ville riconducibili a uomini d’onore. A portarli lì, secondo quanto dichiarato, sarebbe stato Giovanni Montalto, che si offrì di accompagnarli in motorino. Ma gli orari forniti da Montalto non hanno mai convinto del tutto gli inquirenti, e il suo racconto non è stato supportato da riscontri oggettivi.
L’unico “indizio” concreto è l’orologio di Mariano, prestato dalla madre il giorno prima della scomparsa e ritrovato il 3 aprile nei pressi di una delle ville della zona. Un elemento, però, che resta ambiguo: il bambino avrebbe potuto perderlo anche prima del 31 marzo, oppure l’oggetto potrebbe essere stato collocato lì successivamente.
Nel corso degli anni si sono moltiplicate le segnalazioni e le ipotesi: tentativi di estorsione, ipotesi di rapimento da parte di nomadi, e addirittura una pista internazionale legata all’ipotesi che Mariano fosse stato portato di nascosto negli Stati Uniti dai genitori – ipotesi poi smentita dalle indagini.
Il pentito Giovanni Brusca, noto per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, fu sentito sul caso. Dichiarò di non saperne nulla, ma lasciò intendere che se l’ordine non fosse partito da “loro”, allora “era una cosa loro”. Ambiguo anche il contributo di Benito Morsicato, altro pentito, che riferì una versione poi ritrattata più volte, secondo cui i due sarebbero stati sequestrati e caricati a forza su un’auto.
I genitori di Mariano, Loreta e Salvatore, oggi vivono negli Stati Uniti. Il dolore per la perdita e l’assenza di verità resta incolmabile. “Il padre ha accettato l’idea della morte, la madre non riesce nemmeno a pronunciarla”, racconta l’avvocata Genovesi.
Nel 2022, il caso è stato ufficialmente archiviato. Il giudice ha riconosciuto che nessuna delle testimonianze o delle prove raccolte in oltre trent’anni è riuscita ad andare oltre la fase delle ipotesi.
Ma le famiglie, assistite dal team AISF, non si arrendono. “L’obiettivo resta quello di scoprire cosa è accaduto. Speriamo di poter riaprire le indagini con nuovi elementi”, afferma Genovesi, che punta anche a far riesaminare vecchi reperti, come le confezioni di caramelle e merendine trovate in un pozzo, che all’epoca non portarono a nulla.