Giuseppe Porcelli, l’uomo accusato dell’omicidio del professor Marcello Toscano, ha ucciso per un debito di 3500 euro. A rivelare i dettagli del delitto, avvenuto lo scorso 27 settembre all’interno della scuola Marino-Guarano di Melito, è stato proprio il bidello che, due giorni fa, ha raccontato la propria versione dei fatti al pubblico ministero Fabio Sozio della Procura Napoli nord. L’interrogatorio era stato richiesto dal legale dell’indagato, l’avvocato Edoardo Giovanni Aprea del foro di Santa Maria Capua Vetere. Porcelli, in un primo momento, si era avvalso della facoltà di non rispondere al giudice per le indagini preliminari che aveva convalidato l’arresto. Nel carcere di Poggioreale, dove è ormai detenuto da diverse settimane, il collaboratore scolastico della Marino-Guarano ha confermato di aver maturato un debito nei confronti del docente. Due piccoli prestiti, rispettivamente di 1500 e 2000 euro, la cui restituzione – con un interesse aggiuntivo di mille euro – sarebbe stata fortemente sollecitata dalla vittima la mattina del 27 settembre.
Quel giorno, Porcelli e Toscano si erano incontrati sul luogo di lavoro, a scuola, e avevano poi discusso all’interno di un locale un tempo adibito ad alloggio del custode dell’istituto. La richiesta aggiuntiva di mille euro sarebbe stata – secondo la ricostruzione dell’assassino – la molla che avrebbe fatto scattare la sua ira. Un omicidio non premeditato, insomma. Da quanto trapela dall’interrogatorio, Porcelli avrebbe aggredito Toscano al culmine di un’accesa discussione e di una successiva colluttazione. Avrebbe imbracciato un coltello, trovato nel deposito, e colpito più volte l’insegnante di sostegno, con un passato da consigliere comunale nella città di Mugnano, ferendolo a morte. Un’arma che avrebbe poi occultato nei pressi di un cimitero.
Nel corso dell’interrogatorio, Porcelli avrebbe fornito anche indicazioni utili per il ritrovamento dello smartphone del docente assassinato, con il quale avrebbe intrecciato rapporti di natura economica da almeno due anni. Dall’analisi dei dati del cellulare dell’omicida, tuttavia, sarebbero emersi riferimenti a possibili ulteriori prestiti – al netto di quelli già confermati in sede di interrogatorio – che Porcelli avrebbe ricevuto da Toscano.
Una circostanza che l’indagato ha però smentito. Il rapporto tra vittima e carnefice era comunque stretto, così come era emerso fin dalle prime battute delle indagini condotte dai carabinieri di Marano, tanto che il professore avrebbe fornito – a quello che sarebbe stato il suo assassino – una autovettura di valore per il matrimonio del figlio. Il mezzo non sarebbe di proprietà della vittima. Giuseppe Porcelli ha infine negato che il docente fosse interessato a rilevare un’attività commerciale (un girarrosto) che il bidello stava per aprire nel comune di Giugliano. I lavori propedeutici all’apertura erano in dirittura d’arrivo. Non ci sono riscontri, al momento, anche sull’ipotesi – formulata da più parti – di un interessamento dei due per un appartamento da rilevare in qualche asta. La partita giudiziaria si giocherà prevalentemente sull’eventuale riconoscimento dell’aggravante dei futili motivi. La difesa di Porcelli punta a sostenere la non premeditazione del reato, che sarebbe scaturito sulla scorta delle pressanti richieste della vittima. Una strategia per riuscire incassare il via libera per il rito abbreviato e ottenere, in caso di condanna, uno sconto di pena.