Un nuovo capitolo si apre nell’indagine che ha sconvolto Napoli, legata ai certificati di morte firmati da medici senza aver effettuato accertamenti o analisi, un’inchiesta che ha portato, lo scorso 11 marzo, all’arresto di 69 persone, tra cui i titolari delle più importanti pompe funebri della città. La vicenda ha sollevato un polverone, mettendo sotto i riflettori una rete di pratiche illecite che ha coinvolto tanto medici quanto imprenditori funebri, tutti accusati di aver contribuito a creare un mercato oscuro e privo di scrupoli.
Nel contesto di questa inchiesta, ieri il giudice Fabio Provvisier ha disposto una decisione di rilievo, modificando la misura cautelare nei confronti del titolare di una delle imprese funebri più conosciute a Napoli, coinvolta in maniera significativa nell’inchiesta. La misura cautelare è stata alleggerita, trasformando l’arresto in una detenzione domiciliare. La decisione è stata presa alla luce di alcune circostanze legali che hanno influito sull’efficacia delle prove presentate.
Secondo quanto si apprende da fonti vicine all’inchiesta, a motivare il cambio di misura cautelare sarebbe stato principalmente il mancato utilizzo delle immagini registrate dalle telecamere. Queste registrazioni, infatti, non erano state autorizzate dal gip, che aveva rigettato anche le richieste di intercettazioni ambientali. Un altro fattore determinante, secondo la difesa, sarebbe stato il mancato nuovo interrogatorio preventivo previsto dalla recente riforma Nordio, che avrebbe potuto cambiare l’orientamento giudiziario.
Il titolare dell’impresa funebre, difeso dagli avvocati Matteo De Luca e Anna Catapano, ha visto quindi la sua situazione cautelare alleggerita, con la disposizione di arresti domiciliari in sostituzione della reclusione in carcere. Nonostante ciò, il giudice ha ritenuto che persista il pericolo di inquinamento probatorio, ossia il rischio che le prove raccolte possano essere alterate, compromettendo la veridicità e l’efficacia dell’indagine.
Gli avvocati De Luca e Catapano, tuttavia, hanno già annunciato l’intenzione di ricorrere in Cassazione contro questa decisione, con l’obiettivo di ottenere una revisione della misura cautelare. La vicenda, che ha scosso profondamente l’opinione pubblica napoletana, è destinata a entrare nelle fasi più complesse del processo legale, con l’auspicio che la giustizia faccia piena luce su una rete di pratiche illecite che ha toccato i meccanismi vitali della città.
L’inchiesta sulle scarcerazioni e sull’attività delle pompe funebri coinvolte continua a sollevare interrogativi sulle modalità con cui venivano gestiti i certificati di morte, con il rischio di aver alimentato un sistema di illegalità e corruzione che ha avuto pesanti ripercussioni sul sistema sanitario e sulla comunità.