Recenti studi sul DNA dei resti umani di Pompei stanno rivoluzionando la comprensione delle popolazioni locali travolte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Gli archeologi, utilizzando la paleogenomica su 14 calchi di abitanti, sono riusciti a identificare non solo le loro origini geografiche, ma anche alcuni aspetti della loro salute. L’analisi, pubblicata su prestigiose riviste scientifiche, ha rivelato che le vittime appartenevano a un gruppo geneticamente omogeneo, con legami stretti con le popolazioni dell’Italia centrale, ma anche alcune tracce di altre aree del Mediterraneo, come il Medio Oriente.
Alcune delle persone analizzate mostravano segni di malattie come la tubercolosi spinale, sintomo della diffusione di patologie croniche in epoca romana, ed è stato rilevato anche DNA batterico antico. Questi risultati sono frutto di un progetto interdisciplinare tra il Parco Archeologico di Pompei, l’Università di Firenze, e diversi centri di ricerca internazionali, che collaborano per creare un vero e proprio “ritratto molecolare” dei pompeiani. Finanziato con 800.000 euro dal Ministero della Ricerca, il progetto mira a mappare l’intera popolazione di Pompei preservata dalle ceneri vulcaniche, dando una visione più completa della vita e della composizione genetica delle comunità romane.
Questa innovativa ricerca è solo agli inizi ma promette di offrire nuove intuizioni sulle malattie antiche, sulle migrazioni e sulla struttura sociale dell’epoca romana, contribuendo a chiarire la complessa storia della città e dei suoi abitanti.