Non è la prima volta che il nome di Riccardo Bossi, primogenito del fondatore della Lega Umberto Bossi, finisce tra le pagine della cronaca giudiziaria. Questa volta, però, la questione è ancora più delicata: riguarda la sua famiglia, e in particolare sua madre, Gigliola Guidali, che lo aveva accusato di maltrattamenti avvenuti tra il 2015 e il 2017.
Il tribunale di Varese lo ha condannato a sedici mesi di reclusione, ritenendo fondati i racconti della madre, che parlavano di un clima di tensione crescente, aggressioni verbali, richieste pressanti di denaro e anche episodi fisici gravi. In uno di questi, secondo gli atti, la donna sarebbe stata spinta contro un muro e avrebbe battuto la testa.
A complicare il tutto, c’è il fatto che la madre aveva ritirato la querela per minacce. Ma il reato di maltrattamenti in famiglia, come prevede la legge, è procedibile d’ufficio: non basta una riappacificazione per far cadere le accuse. E infatti il processo è andato avanti.
La difesa, guidata dall’avvocato Federico Magnante, ha già annunciato ricorso in Appello. Secondo la loro versione, si tratterebbe di episodi isolati e non di una vera e propria condotta continuativa di maltrattamenti. Inoltre, sostengono che il periodo dei fatti contestati sarebbe stato molto più breve rispetto a quanto ricostruito dalla procura.
Non è la prima condanna per Riccardo Bossi. Già a gennaio 2025 era stato riconosciuto colpevole per aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza, con una sentenza a due anni e sei mesi (in quel caso con rito abbreviato). Negli anni, il suo nome è stato associato anche ad altri procedimenti e pendenze economiche.
Quella che si è chiusa oggi con una condanna è una vicenda privata che però, proprio per la notorietà del cognome coinvolto, assume un risalto pubblico. E fa riflettere su quanto, anche all’interno delle famiglie apparentemente più solide o visibili, possano nascondersi storie di disagio, conflitto e dolore.
Ora si attende l’Appello. Ma al di là dei prossimi gradi di giudizio, resta un fatto: è una madre ad aver raccontato di sentirsi minacciata e ferita dal proprio figlio. E già questo basta a interrogare, prima ancora che giudicare.