Una chat inquietante, minacce di morte, una rete di influencer pagati per distruggere una persona online e le intercettazioni di un boss che sogna di trasformare Pianura in una zona di guerra. È il nuovo volto della criminalità organizzata napoletana, che unisce metodi tradizionali e strumenti digitali. Nel mirino, ancora una volta, il giornalista Pino Grazioli.
A far esplodere il caso è una chat privata, dove si fa esplicitamente riferimento alla morte di Andrea Covelli e si lanciano minacce di morte contro Grazioli, definito senza mezzi termini “un morto che cammina”. Secondo quanto emerso, il clan marsicano di Pianura – un gruppo criminale radicato nel quartiere e temuto per la sua brutalità – starebbe orchestrando una vera e propria campagna di odio anche sui social.
Alcuni creator su TikTok, tra cui il discusso Salviucci, sarebbero stati pagati per screditare pubblicamente Grazioli, diffondendo contenuti denigratori con l’obiettivo preciso di “distruggere la sua vita”.
Ma a rendere la vicenda ancora più grave sono le intercettazioni raccolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia. In una conversazione captata dagli investigatori, il boss Emanuele Marsicano – attualmente detenuto – parla senza mezzi termini: “Lo dobbiamo spremere come un limone con le mani e poi buttarlo per strada”. Il riferimento è chiaramente a Pino Grazioli, sebbene il boss non citi direttamente il suo nome.
Non solo: Marsicano, con tono perentorio, rivendica il controllo assoluto del territorio di Pianura e lancia una minaccia inequivocabile: “Una volta che esco, faccio di Pianura una Bagdad”. Sempre nelle intercettazioni, si fa riferimento a far fare a Grazioli la “stessa fine” di un’altra persona. Sebbene non venga citato esplicitamente, gli inquirenti ritengono che il boss si riferisse ad Andrea Covelli, ucciso in circostanze ancora da chiarire.
Il quadro che emerge è quello di un’organizzazione criminale che non si limita più alla gestione del territorio o allo spaccio, ma che punta al controllo del consenso e dell’opinione pubblica attraverso i social. Un salto di livello nella comunicazione mafiosa: il linguaggio delle minacce si fonde con i trend, i video virali diventano strumenti di intimidazione.
La DDA sta lavorando per fare luce su tutte le connessioni tra il clan, gli influencer coinvolti e le recenti azioni violente che hanno colpito la zona. Intanto, la paura corre online, dove ogni video, ogni frase, può diventare una condanna.