Venti/venticinque smartphone di ultima generazione, sei-sette coltelli “a molletta” di 13/16 centimetri, sostanza stupefacente (“fumo”) ma anche scarpe e giubbini firmati e di valore. È quanto ha scoperto e sequestrato il personale di Polizia Penitenziaria di Secondigliano dopo una perquisizione nelle celle del Reparto detentivo Ionio, II Sezione, iniziata ieri sera e terminata a notte inoltrata. “Si è trattata di una importante, ma anche inquietante, operazione di servizio condotta con grande merito e professionalità dai Baschi Azzurri di Secondigliano, ben coordinati dal Primo Dirigente del Corpo comandante del Reparto”, spiega il Segretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Tiziana Guacci. “Importante perché ha portato al rinvenimento di molti oggetti non consentiti; inquietante perché, specie il ritrovamento dei molti coltelli, fanno presupporre all’organizzazione o di un regolamento di conti tra detenuti di clan rivali o, peggio, ad un tentativo di rivolta con possibile sequestro di personale”, conclude la sindcalista.
Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria che esprime apprezzamento a tutto il personale operativo dei Baschi Azzurri che ha partecipato alla perquisizione, servono “interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. Servono poliziotti, tecnologia e formazione per chi sta in prima linea nelle Sezioni, strumenti di difesa e contrasto delle violenze”. Il riferimento del leader nazionale del SAPPE è alla necessità di “prevedere l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene e la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario”. Ma Capece torna anche a sollecitare, per la Polizia Penitenziaria, “la dotazione del taser, che potrebbe essere lo strumento utile per eccellenza in chiave anti aggressione (anche perché di ogni detenuto è possibile sapere le condizioni fisiche e mediche prima di poter usare la pistola ad impulsi elettrici)”. I sindacalisti del SAPPE ricordano infine che introdurre o possedere illegalmente un telefono cellulare in carcere costituisce reato, punito da 1 a 4 anni di reclusione. “L’introduzione del reato nel nostro Codice penale, purtroppo, non ha sortito gli effetti sperati; l’unico deterrente possibile rimane la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni. La situazione è ormai fuori controllo. È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l’introduzione di telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari”. E si appellano al DAP: “domandiamo ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a che punto è proprio il progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.