Durante una trasmissione radiofonica, Vittorio Feltri – noto giornalista e consigliere comunale a Milano – è tornato al centro delle polemiche per una serie di dichiarazioni fortemente discriminatorie. In un intervento che ha fatto rapidamente il giro dei media e dei social, Feltri ha affermato senza mezzi termini di considerare i musulmani “una razza inferiore” e ha aggiunto di “non vergognarsi affatto” per questo. Ma la frase che più ha scioccato l’opinione pubblica è stata quella in cui ha dichiarato che “gli sparerebbe in bocca”.
Le sue parole, riferite genericamente agli “extracomunitari” e alle periferie di Milano – descritte come “brutte, caotiche, piene di gente che non sopporto” – sono arrivate in un momento particolarmente delicato, mentre la città discuteva della morte di un ragazzo durante un inseguimento. Feltri ha liquidato la vicenda con cinismo: “Se uno fa il delinquente, che abbia 19 o 27 anni è lo stesso”.
Immediata la reazione di molte associazioni, partiti politici e cittadini. L’UCOII (Unione delle Comunità Islamiche d’Italia) ha parlato di “frasi di una gravità inaudita” e ha annunciato possibili azioni legali. Diversi esponenti politici – da sinistra ma anche dal suo stesso schieramento – hanno preso le distanze, chiedendone le dimissioni e una presa di posizione chiara da parte del suo partito.
Di fronte a dichiarazioni tanto violente, la domanda che si impone è semplice: fino a che punto è lecito parlare in questo modo, specie se si ricopre un ruolo pubblico? E dove si colloca oggi il confine tra libertà di espressione e incitamento all’odio?
Il dibattito è aperto. Ma una cosa è certa: certi linguaggi non possono essere ignorati.