Botte e insulti per mesi e mesi, poi l’ultima tragica sfida: “ora gettati nel Piave”.
Ha vinto invece la voglia di vivere di un undicenne contro il bullismo messo in atto contro di lui da tre compagni di scuola fra i 12 e i 14 anni.
Il ragazzino ha raccontato le angherie subite un anno fa sia in aula che nello scuolabus ai genitori e questi hanno presentato denuncia contro i tre adolescenti per atti di bullismo e istigazione al suicidio.
Uno stillicidio continuo fatto di pestaggi, soprusi, sempre con l’immancabile cellulare in mano per registrare le bravate.
“Meglio morire che andare a scuola” ha detto tra le lacrime il giovane ai familiari, che vivono nell’hinterland trevigiano, dopo l’ultimo episodio del terzetto, con l’invito a gettarsi nelle acque del fiume.
È il padre della vittima a ricostruire ora gli eventi.
“Era da tempo che mio figlio si era distaccato da queste amicizie – conferma – Aveva visto che i compagni si lasciavano andare spesso a comportamenti che riteneva sbagliati, come ad esempio suonare i campanelli e poi fuggire. Non era una compagnia adatta”.
Ma i bulli hanno fatto scattare la ritorsione, compresi gli insulti per essere il figlio di una coppia di cui uno dei due è immigrato.
La mamma, esasperata, ha dovuto ritirare il figlio da scuola.
Ora la famiglia punta il dito sulla dirigenza scolastica, il cui comportamento viene ritenuto deludente nei confronti dei colpevoli.
Nessuna possibilità neppure di rientrare in aula per continuare a seguire le lezioni, proteggendo l’undicenne. “Ci è stato risposto – spiega il genitore – che non era possibile dato che non avrebbero potuto garantire la presenza di una persona a presidio della sua incolumità”.
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